Lettori fissi

11 aprile 2014

l'allenatore è l'atleta II parte


In diversi studi è stata analizzata la modalità di interazione tra allenatori e atleti adolescenti; alcune ricerche hanno messo in luce quanto l'esperienza sportiva dei giovani possa venir condizionata dal loro rapporto con l’allenatore. Small e Smith (1988) hanno sostenuto chela modalità di approccio dell’allenatore all’evento sportivo determina il livello di stress competitivo che gli adolescenti “sentono” nell'attività agonistica.Non è questa la sede per entrare nel merito dell’eventuale utilità della capacità di saper gestire lo stress in questa fase della vita. Sicuramente le partite dei campionati possono essere un’occasione perché i giovani atleti imparino a gestire situazioni stressanti; ma si potrebbe obiettare chelivelli eccessivi di ansia per la prestazione sono sempre negativi, perché riducono il piacere e il divertimento associati al gioco sportivo. Dall’esperienza quotidiana in palestra, appare a tutti evidente quanto “potere” abbia l'allenatore nel determinare a livello del gruppo e dei singoli sia la percezione delle capacità personali di ogni giocatore (con conseguente sostegno, incoraggiamento, biasimo o sostituzione sia l'importanza della gara e del risultato (con conseguente forzatura sulle aspettative e sulle conseguenza di eventuali vittorie o sconfitte). Ma il comportamento dell'allenatore è determinante soprattutto per quanto riguarda le motivazioni alla partecipazione e l'abbandono. Un'indagine di qualche anno fa (Mazzara, 1995) ha cercato di dare una risposta alla domanda delle domande:perché si fa sport?Oltre il 50% dei praticanti ed oltre il 50% dei non praticanti ha risposto che si fa sport principalmente per divertirsi. Al secondo posto l’esigenza di fare movimento, al terzolapossibilità di fare amicizie e nuove conoscenze, al quarto la voglia di migliorare il proprio aspetto fisico. Senza la motivazione ludica, senza la voglia di divertirsi, nessuno continuerebbe a praticare sport: l’attività fisica risulterebbe saltuaria e frammentaria.
L’atteggiamento dell’allenatore risulta, quindi, decisivo per mantenere o spegnere negli adolescenti la “motivazione ludica”, che è alla base del mantenimento della pratica sportiva, giovanile e non. Sempre nel 1995 (Bortoli, Malignani, Robazza) è stata fatta una ricerca su oltre 300 atleti tra i 10 ed i 14 anni che praticavano sport individuali e di squadra; agli autori interessava capire come i ragazzi “vedevano” i loro allenatori. Dalle loro risposte è emerso che gli atleti adolescenti non erano del tutto soddisfatti del proprio allenatore, soprattutto per questi motivi: gli allenatori dovrebbero arrabbiarsi e urlare di meno durante le gare; bisognerebbe valorizzare anche il divertimento;in caso di errore si dovrebbe, comunque, incoraggiare e sostenere l'atleta.

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